La gioia di perdersi qualcosa

“Non siamo mai stati così consapevoli di quello che gli altri fanno e noi no”.

Nell’era dei Social Network, in particolare con Facebook e Instagram, siamo continuamente esposti alle immagini, ai racconti che attestato chi sta facendo cosa. Quante volte ci è capitato di guardare con sottile invidia meravigliosi posti visitati da alcuni amici, invitanti pasti o divertenti serate mentre eravamo a casa o al lavoro?

A quanti degli eventi sponsorizzati sui social network avremmo desiderato partecipare mentre stavamo facendo qualche altra cosa o eravamo a casa? Quanti sensi di colpa spiando intensi allenamenti fisici mentre eravamo intenti a guardare un film sul divano?

Ci accompagna una sensazione costante che ci stiamo perdendo qualcosa, che il mondo offra tante opportunità che ci stiamo perdendo perché non abbiamo il tempo, la compagnia adatta o i soldi necessari.

A questo proposito, volevo condividere con voi questo articolo di Oliver Burkeman tratto dal sito www.internazionale.it .

“Tra le email pubblicitarie che affollano la mia casella di posta, ogni settimana ce ne sono parecchie chiaramente rivolte a persone più giovani e che hanno più piercing di me: tra le ultime proposte ho trovato il karaoke punk, un cabaret sui tarocchi e una serata di racconti sui tatuaggi.

Qualche mese fa mi sono reso conto che cominciavo a leggerle con piacere, godendo del fatto che non avrei partecipato a nessuna di quelle iniziative. Non intendo sminuire il cabaret sui tarocchi. Be’, forse un po’ sì. Ma il mio piacere non nasce dalla presunzione che i miei passatempi siano oggettivamente più interessanti. È solo che essere consapevole di quello che non faccio rinforza la mia convinzione di aver scelto quello che faccio.

Una cena in casa con gli amici è piacevole. Ma lo è ancora di più quando sai che invece potresti trovarti in un locale affollato dall’altra parte della città o a mangiare in un ristorante dove non ti danno un tavolo fino a quando non sono arrivati tutti i tuoi amici.

Questa sensazione è in netto contrasto con una delle malattie dei nostri tempi: la Fomo (fear of missing out), cioè la paura di perdersi qualcosa. Secondo l’imprenditrice Caterina Fake, che ha contribuito a rendere popolare questo termine, la Fomo è “un vecchio problema, aggravato dalla tecnologia”: non siamo mai stati così consapevoli di quello che gli altri fanno e noi no. Facebook e gli altri social network provocano Fomo, e ne traggono profitto: li controlliamo continuamente anche per avere la sensazione di partecipare a distanza.

Era solo questione di tempo prima che qualcuno – in questo caso un collega di Fake, l’imprenditore Anil Dash – inventasse l’acronimo contrario, che riassume perfettamente il mio atteggiamento nei confronti del cabaret sui tarocchi: Jomo, o la gioia di perdersi qualcosa.

“A New York ogni giorno succede qualcosa che altrove sarebbe l’evento dell’anno”, osserva Dash. “E nella maggior parte dei casi, noi non ci saremo”. Si è reso conto per la prima volta che questo potesse essere fonte di piacere quando è nato suo figlio. Improvvisamente, rinunciare a qualcosa di importante – per esempio, un concerto di Prince – era un modo per affermare che la paternità lo era di più. Secondo Dash “possiamo, e dovremmo, provare un senso di serenità e di piacere nel sapere che ci sono persone che si stanno divertendo a fare qualcosa che ci sarebbe piaciuto fare, ma a cui abbiamo deciso di rinunciare”.

In linea con lui, l’educatrice e designer Liz Danzico, recentemente ha scritto sul suo blog, dove tiene una lista dei progetti a cui ha rinunciato: “Quando dico di no a qualcosa lo aggiungo subito all’elenco. Sto facendo liste di città che non ho visto, di aerei che non ho preso e di ore risparmiate. Qualche mese dopo mi rendo conto che ho fatto qualcosa di meglio”. Se la Fomo è un modo per valutare le nostre scelte, la Jomo è il sistema per riprenderne possesso.

E se l’era della Fomo si rivelasse un’epoca di transizione, innescata dal funzionamento dei social network? Una volta che saremo tutti superconnessi e ci saremo abituati a esserlo, forse prenderemo coscienza del fatto che c’è sempre un numero infinito di cose belle o interessanti che non stiamo facendo. Forse a quel punto potremo finalmente rilassarci.

In fondo non ci stiamo veramente “perdendo” qualcosa se, inevitabilmente, la stanno perdendo quasi tutti gli altri. Stare male per questo è come disperarsi per non essere in grado di contare all’infinito. Vi auguro di passare una buona settimana, e di godervi tutto quello che non state facendo.”

(Oliver Burkeman)

(http://archivio.internazionale.it/opinioni/oliver-burkeman/2014/10/20/la-gioia-di-perdersi-qualcosa)